Le trasformazioni geometriche nel piano

Riguardo alle trasformazioni geometriche occorre fare due precisazioni prima di trattarle e cioè, detto brevemente, 1) che esiste una differenza tra il pensiero e il disegno di una figura ed è costituita dall'approssimazione grafica per il disegno alla quale fanno da contrappunto il rigore e la correttezza per il pensiero e 2) che nella geometria non interviene il fattore tempo, in quanto caratteristico della scienza fisica.

Introduzione alle trasformazioni
La trasformazione di una figura può essere eseguita variando molte, oppure poche, delle sue caratteristiche: in quest'ultimo caso riconosceremo esattamente la figura di partenza, mentre nel primo caso dovremmo guardarla con molta attenzione per riconoscere che la figura trasformata deriva proprio da quella iniziale.
Le caratteristiche con cui si può descrivere una figura sono, ad esempio, la forma, la grandezza, l'ordine con cui sono disposti i suoi punti più importanti, ecc.. In una trasformazione avremo che alcune caratteristiche della figura presa in esame sono cambiate, mentre altre caratteristiche no: in quest'ultimo caso si dice che quella caratteristica è un invariante rispetto a "quella" trasformazione.
Se, ad esempio, sposto un foglio di carta sul mio tavolo, al termine di questa traslazione l'unica cosa che sarà cambiata è la posizione del foglio, mentre la sua forma e la sua grandezza sono rimaste invariate e, quindi, posso dire che la forma e la grandezza sono caratteristiche invarianti rispetto alla trasformazione mediante traslazione.
Supponiamo, invece, di tagliare quel foglio in 4 porzioni dividendo in due ciascun lato, e di posizionarne una sullo stesso tavolo ad una certa distanza da dove si trovava inizialmente il foglio intero: in questo caso posso dire che oltre alla posizione è cambiata anche la grandezza, mentre non è cambiata la forma. Infatti, se prima era un certo rettangolo, ad esempio di lati cm 20 e 30, ora sarà sempre un rettangolo ma di lati cm 10 e 15, cioè sarebbe come se la figura si fosse rimpiccolita uniformemente.
Se quella porzione di foglio che ho spostato l'avessi anche ruotata allora potrei dire che, oltre alla posizione e alla grandezza, è cambiato anche l'orientamento, in quanto i lati di questa non sono più paralleli a lati corrispondenti della figura iniziale.
E' possibile eseguire anche una combinazione di trasformazioni e, osservando una figura trasformata, non è possibile sapere se il risultato finale è avvenuto con una sola operazione o se è frutto di due o più trasformazioni: quello che ha importanza è la situazione della figura finale in relazione alla figura iniziale, senza alcun riguardo per le eventuali trasformazioni intermedie.

L'argomento viene esemplificato mediante la fotografia della sola faccia anteriore di un telefonino, dunque con un'immagine bidimensionale, detta anche piana.
Se facciamo appartenere la figura iniziale F alla classe A, e vi applichiamo una trasformazione ben definita, allora come risultato avremo una figura finale F' (detta anche figura trasformata F')che consideriamo appartenente alla classe B, ed entrambi le classi apparterranno allo stesso piano.
Viceversa, se considero un punto A' della figura finale F', e se conosco la trasformazione che lo ha prodotto, allora posso sempre risalire al punto iniziale A.
La circostanza per cui posso eseguire trasformazioni in un verso e anche nel verso opposto, ritrovando i punti iniziali, si esprime dicendo che sul piano ho stabilito una corrispondenza biunivoca tra due classi di enti.

La trattazione che segue vuole rispecchiare sinteticamente quanto il matematico tedesco Felix Klein (1849-1925) espose nel 1872 nel Programma di Erlangen (tradotto dal tedesco da Gino Fano, Annali di matematica pura e applicata, (2) (17), 1889-1890, p. 307, e recentemente sul web tradotto da Antonello Sciacchitano). Lo stesso Klein descrisse dieci anni dopo la sua Bottiglia di Klein (vedi anche il breve video).







Secondo Klein, una geometria è lo studio delle proprietà invarianti per effetto di un dato gruppo di trasformazioni.
Le trasformazioni verranno trattate in questo post in modo grafico-intuitivo, mentre il concetto di gruppo verrà illustrato in un post successivo.
Osservazione - Nei testi viene usata quasi sempre la parola "proprietà" che, qui, è sostituita con la parola "caratteristica" che sembra più appropriata.
Le caratteristiche delle figure e le loro trasformazioni nel pianoLe caratteristiche delle figure devono essere considerate rispetto ad una qualsiasi trasformazione che si possa applicare alle figure stesse. Cioè, durante una trasformazione possono avvenire dei cambiamenti in alcune delle caratteristiche, mentre in altre caratteristiche non avremo variazioni: in quest'ultimo caso, come detto sopra, si dice che quella caratteristica è invariante rispetto a quella trasformazione.
Le caratteristiche da considerare sono le seguenti:

1) Posizione: se la figura non cambia posizione, allora la figura iniziale F e la figura finale F' coincidono perfettamente.
La trasformazione è consistita in una identità.

2) Orientazione: se la figura cambia la posizione, ma non l’orientazione, né cambiano le caratteristiche che sono elencate successivamente qui di seguito, allora nella figura trasformata F' la direzione di un segmento preso a caso sarà orientato allo stesso modo che nella figura iniziale F.
La trasformazione è consistita in una traslazione.

3) Lunghezza: si intende che cambiano le due caratteristiche di posizione e orientazione, ma non cambia la lunghezza reciproca tra due punti qualsiasi della figura.
La trasformazione è consistita in una rotazione.
Osservazione - Se il centro di rotazione è un punto improprio del piano, quindi viene definito dalla sua direzione, si ricade in una traslazione che ha per direzione quella ortogonale alla direzione del punto improprio suddetto.

4) Ordine: si intende che la figura può cambiare anche tutte le caratteristiche precedenti, ma l'ordine con cui sono posti i punti su un segmento orientato non cambia.
Su una retta, l'ordine viene considerato crescente da una parte di essa e decrescente dalla parte opposta. Si è soliti attribuire l'ordine crescente su una retta nel senso verso destra.
Su un piano, l'ordine viene messo in relazione a quello dei punti di una circonferenza tracciata su di esso, e se tali punti si succedono in senso orario si dirà che il piano è orientato in senso orario, al contrario si dirà che il piano è orientato in senso antiorario. (Vedi anche Postulati di ordinamento in questo post)
Quando, però, questa caratteristica della figura cambia, cioè nella figura trasformata si ha un ordinamento inverso dei suoi punti rispetto alla figura iniziale, allora la trasformazione è consistita nella riflessione.
Osservazione - Non va confuso l'ordine (o ordinamento) con l'orientazione (o orientamento): il primo si riferisce solo al senso crescente (o decrescente) dei suoi elementi, mentre il secondo si riferisce solo all'angolo di due direzioni (per le rette) o di due giaciture (per i piani).

5) Rapporto tra lunghezze: si intende che la figura può cambiare anche tutte le caratteristiche precedenti, ma la lunghezza del segmento tra due punti qualsiasi della figura varia in modo costante cioè se essa, prima della trasformazione era, poniamo, di 20 cm, allora dopo la trasformazione potrebbe essere, poniamo, di 10 cm, e ciò equivale ad un rapporto pari ad ½, cioè quella misura si è dimezzata, ma anche la misura di tutti gli altri segmenti che posso fissare a piacere sulla figura si sono ridotti con lo stesso rapporto di ½.
Se il rapporto tra lunghezze non è variato, allora vuol dire che nemmeno l’angolo formato tra due segmenti qualsiasi della figura è rimasto invariato, per cui la forma della figura non è cambiata, ma si è solo rimpiccolita, in questo caso della metà in termini di lunghezze.
Infine, non cambiano le caratteristiche elencate successivamente in questo elenco.
La trasformazione è consistita in una similitudine, detta anche omotetia.
Osservazione - Omotetia, dal greco omos che vuol dire “simile” e tìtheo che significa “metto”. Il termine è stato usato per la prima volta dal matematico francese Michael Chasles nel 1827.
6) Parallelismo: si intende che, in genere, sono cambiate le caratteristiche elencate precedentemente in questo elenco, ma non è cambiato il parallelismo tra due segmenti qualsiasi presi sulla figura; se tali segmenti erano paralleli nella figura iniziale, allora nella figura trasformata dovrò ritrovarli paralleli tra loro. Infine, anche in questo caso, non cambiano le caratteristiche elencate successivamente in questo elenco.
La trasformazione è consistita in una affinità.
Particolari tipi di affinità sono costituite dai frattali (per una trattazione elementare della geometria dei frattali vedi il link).

7) Birapporto: anche in questo caso occorre tenere presente che possono cambiare tutte le caratteristiche elencate precedentemente in questo elenco, mentre il birapporto non cambia e, in particolare, poichè il birapporto è basato su rette, le rette si conservano tali. Non cambiano nemmeno le caratteristiche elencate successivamente in questo elenco.
La trasformazione è consistita in una proiettività.
Osservazione - Con questa trasformazione rimaniamo nel campo della Geometria proiettiva, mentre con quelle successive ne usciamo.

8) Continuità: anche in questo caso possono variare tutte le caratteristiche precedenti, o solo alcune. Tuttavia, non avendo più l'allineamento di tre punti, cioè le rette si sono trasformate in linee generiche, la caratteristica del birapporto perde senso. Tuttavia, viene conservata la continuità tra i punti della figura.
La trasformazione avvenuta è come se la figura appartenesse ad un supporto di gomma deformabile a piacere (pur rimanendo nel piano), e con deformazioni tali che non comportassero "strappi", "sovrapposizioni" o "incollature".
Due spazi topologici così caratterizzati si dicono omeomorfi (dal greco homoios = identica e morphe = forma) e godono delle stesse proprietà topologiche (separabilità, connessione, compattezza, ecc.).
La trasformazione è consistita in un omeomorfismo (nel piano).
Si riportano esempi di omeomorfismi nello spazio (Topologia), ed un video di 7'35", nonché il Leggio Afgano (parte 1 e parte 2), che è una figura topologicamente molto complessa, illustrata con proprietà da Felice Ragazzo.







9) Appartenenza: possono variare tutte o solo alcune delle caratteristiche precedenti, ma non avendo più la continuità tra i punti della figura siamo in presenza di una diffusione di punti che, tuttavia, devono ancora appartenere all'insieme di cui facevano parte inizialmente.
La trasformazione, prendendo ad esempio il gioco del biliardo, è avvenuta come se dall'insieme iniziale di palle raccolte in forma di triangolo si pervenisse, dopo il primo tiro, ad una diffusione del tutto casuale delle palle stesse all'interno del piano di gioco, anche a causa del rimbalzo contro le sponde e tra le stesse palle. Appare evidente che se togliessimo il recinto, in cui le palle sono costrette a muoversi, si avrebbe una diffusione differente che rispecchierebbe in qualche modo la disposizione iniziale all'interno del triangolo.
La trasformazione è consistita in una diffusione di punti (nel piano) (1).
Si riportano esempi di diffusione di punti nel piano (Teoria degli ordini), ed un simpaticissimo video di 3'55" sulle prodezze del biliardo, a scopo ricreativo.







Tabella complessiva delle trasformazioni nel piano.
Osservazione 1 - Con queste due ultime trasformazioni siamo fuori dal campo della Geometria proiettiva. Non facendo parte dei programmi di studio, non verranno ulteriormente approfondite nel seguito.
Sia la Topologia che la Teoria degli ordini sono tipi di geometria con una quantità ancora minore di invarianti rispetto alle precedenti geometrie, come illustrato nella tabella
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Osservazione 2 - La teoria degli ordini è basata sulla teoria degli insiemi e fa uso del concetto di appartenenza di un elemento ad un insieme, concetto che richiama la dualità essere-non essere compreso nell'insieme, senza possibilità di un terzo caso (principio del terzo escluso), nè la possibilità che l'appartenenza possa essere - per così dire - "graduata" come si potrebbe esprimere per un bicchiere d'acqua riempito in parte (come rispondere, infatti, soltanto con un si o con un no, alla domanda: E' pieno?).
Se dell'appartenenza considerassimo, oltre alla possibilità "appartiene" e alla possibilità opposta "non appartiene", anche una terza possibilità del tipo "appartiene in una certa misura" e, dunque, rimuovendo la tassatività dell'appartenenza, allora usciremmo anche dalla teoria degli ordini (e dalla teoria degli insiemi che ne rappresenta la base), per entrare in un campo della matematica più vasto e generale che ha la sua base formale nella Teoria degli insiemi sfuocati e nella Logica sfuocata o Logica Fuzzy, che rappresentano una generalizzazione della logica classica, caratteristica peculiare della nostra cultura da almeno due millenni e mezzo.
Se la geometria, regina delle scienze fino alle soglie del XIX secolo, era nata 4000 anni fa per misurare la terra e per aiutare i naviganti a trovare la rotta voluta, quindi in un mondo abbastanza semplice, queste branche della matematica le si sono allontanate molto, e rispecchiano la crescente articolazione dei fenomeni sociali degli ultimi due secoli e la crescente consapevolezza della complessità dei sistemi neurobiologici degli ultimi decenni.
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Per una impostazione complessiva delle ricerche matematiche e geometriche, secondo la Mathematics Subject Classification, vedi link.
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(1) Cfr. anche Beniamino Segre, La simmetria e la scienza, in Le Scienze n. 14, ottobre 1969.
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Indirizzi della geometria

Fano in Berz.II-2, XXXVIII, p.435.
Lolli, p.16

Generazione proiettiva delle geometrie

INTRODUZIONE
Al termine di un corso degli studi, dalla scuola elementare alla scuola media e alle scuole superiori, nonché in alcuni corsi universitari, ci si rende conto che si sono studiate diverse geometrie che prendono nomi appropriati anche se un pò strani: la geometria dell'uguaglianza, la geometria della congruenza, la geometria dell'affinità, la geometria proiettiva.
Anche se sembrano seguire procedimenti e metodi di studio diversi tra loro, c'è un principio generale che le accomuna, e cioè il principio di "proiezione e sezione". Cioè tutte queste geometrie, che vedremo come si ricavino le une dalle altre fissando come invariante qualche caratteristica (leggi: proprietà) particolare, possono essere ricomprese nella geometria più complessa tra di esse che è la geometria proiettiva, la quale, proprio per il fatto di avere meno invarianti (che sarebbe a dire "paletti", cioè meno limitazioni), è una geometria più libera, che consente di affrontare più situazioni diverse e, proprio per questo, è più complessa delle altre e le ricomprende, all'interno dei suoi principi, tutte quante.

"PROIEZIONE E SEZIONE"
Nello studio delle geometrie occorre iniziare dal concetto di proiezione: come possiamo vedere nella prima parte di questo post, per avere la proiezione di un punto occorrono due elementi, cioè il centro di proiezione e il punto da proiettare, dopodiché se costruiamo la retta che li contiene entrambi abbiamo eseguito la proiezione.
Così facendo, però, non abbiamo costruito alcuna figura in nessun luogo, mentre per noi è essenziale poter "vedere" il risultato di questa proiezione. Per fare un esempio è come se io proiettassi di notte un film sulla spiaggia in direzione del mare senza aver posto uno schermo ad una certa distanza dove poter vedere le immagini filmiche. La proiezione esisterebbe in ogni caso, ma io non vedrei assolutamente alcuna immagine se non, forse, un po' di chiarore indefinito.
L'operazione di porre uno schermo ad una certa distanza dal proiettore si chiama "sezione", come possiamo leggere nella seconda parte dello stesso post di prima, in quanto lo schermo taglia tutti i raggi luminosi e consente la visione di immagini provenienti dal proiettore stesso su quello schermo.

ELEMENTI DI UNA OPERAZIONE CONGIUNTA DI "PROIEZIONE E SEZIONE"
A questo punto è evidente che una operazione congiunta di "proiezione e sezione" è costituita da alcuni elementi che occorre prendere in considerazione:
1) il centro di proiezione, dal quale partono tutti i raggi proiettanti (nell'esempio filmico è il centro della lampadina del proiettore cinematografico quando questo è in funzione);
2) la figura da proiettare che sarà costituita da una porzione del piano che la contiene (nell'esempio filmico è il singolo fotogramma della pellicola cinematografica che entra nell'apposito alloggiamento e si posiziona davanti alla finestrella in cui passerà la luce);
3) il piano su cui viene proiettata la figura (nell'esempio filmico è lo schermo su cui giungeranno le immagini).
Quanto detto sopra viene espresso sinteticamente come "prospettività", ovvero: rispetto al centro di proiezione, i due piani in considerazione (quello su cui si trova la figura da proiettare e quello sul quale la figura verrà proiettata) sono prospettivi tra loro, e questo significa che ogni punto del piano della figura da proiettare verrà mandato in un punto preciso del piano che dovrà accogliere la proiezione.
Detto in modo più rigoroso, la prospettività tra due piani proiettati (leggi anche: visti) da un centro di proiezione (centro di prospettività) stabilisce una corrispondenza biunivoca tra l'insieme dei punti dell'uno e l'insieme dei punti dell'altro.

CONSIDERAZIONI SUGLI ELEMENTI DELLA OPERAZIONE CONGIUNTA DI "PROIEZIONE E SEZIONE"
Le quattro geometrie richiamate nell'introduzione, e cioè la geometria dell'uguaglianza, la geometria della congruenza (detta anche della similitudine) (*), la geometria affine e la geometria proiettiva hanno origine dalla diversa disposizione nello spazio dei tre elementi descritti sopra.
Gli elementi che distinguono le quattro geometrie sono due:
1) la posizione del centro di proiezione rispetto alla figura da proiettare, che si distingue in due casi:
1a) se è un punto improprio, cioè si trova a distanza infinita dalla figura da proiettare, si parla di proiezione parallela. In essa i raggi proiettanti sono paralleli tra loro, come avviene per i raggi luminosi provenienti dal sole che, notoriamente, si trova ad una grandissima distanza rispetto alle misure con cui trattiamo noi di solito, siano esse le misure di oggetti d'uso oppure le più grandi misure di edifici anche molto alti come i grattacieli.
1b) se è un punto proprio, cioè a distanza finita dalla figura da proiettare si parla di proiezione centrale. I raggi proiettanti escono tutti dal centro di proiezione, ovvero vi convergono. Una delle applicazioni di tale disposizione, forse la più nota, è la prospettiva;
2) la posizione reciproca dei due piani in questione, e cioè il piano su cui sta la figura che dobbiamo proiettare e il piano su cui giungerà la proiezione. Vi sono solo due possibilità di posizione reciproca:
2a) i due piani sono paralleli tra loro. In questo caso non avranno una retta comune o, meglio, tale retta esiste ma si trova all'infinito;
2b) i due piani non sono paralleli tra loro. In questo caso avranno una retta di incontro propria, cioè a distanza finita e, in più, formeranno tra loro un angolo di una certa ampiezza.

GENERAZIONE PROIETTIVA DELLE GEOMETRIE
Da quanto detto al § precedente ci rendiamo conto che abbiamo solo quattro possibilità di combinare tra loro, a due a due, le quattro situazioni di posizione di cui sopra:
A) Il centro di proiezione è improprio (caso 1a) e i due piani sono paralleli tra loro (caso 2a). In questo caso si ha la geometria dell'uguaglianza, nella quale la proiezione della figura (dal piano su cui si trova al piano su cui viene proiettata) genera una figura identica sia nella forma sia nelle dimensioni.
B) Il centro di proiezione è proprio (caso 1b) e i due piani sono paralleli tra loro (caso 2a). In questo caso si ha la geometria della congruenza, nella quale la figura proiettata ha la stessa forma di quella iniziale, cioè l'ampiezza degli angoli è identica, ma le dimensioni delle lunghezze sono diverse, ma tutte ordinatamente proporzionali tra loro di uno stesso fattore di proporzionalità. Per tale motivo la si indica anche come geometria della similitudine.
C) Il centro di proiezione è improprio (caso 1a) e i due piani non sono paralleli tra loro (caso 2b). In questo caso si ha la geometria dell'affinità, nella quale la figura iniziale e quella proiettata sono diverse tra loro: gli angoli delle due figure non sono uguali tra loro, né lo sono le lunghezze dei lati. Tuttavia se, ad esempio, la lunghezza di un lato della figura iniziale era di 10 cm e quello della figura finale risulta essersi trasformato diventando della lunghezza di 15 cm, allora vuol dire che c'è stato un rapporto pari a 3/2 tra la figura proiettata e quella originaria, rapporto che verrà conservato per tutti gli altri lati ad essi paralleli. Tale proprietà di proporzionalità interessa anche l'ampiezza degli angoli purché abbiano i lati paralleli tra loro.
D) Il centro di proiezione è proprio (caso 1b) e i due piani non sono paralleli tra loro (caso 2b). In questo caso si ha la geometria della proiettività, dove non viene conservata nemmeno la proporzionalità tra le lunghezze o quella tra l'ampiezza degli angoli, come nel caso dell'affinità. Tuttavia viene conservato il birapporto di quattro punti qualsiasi appartenenti ad una retta o il birapporto dell'ampiezza di quattro angoli qualsiasi con il vertice nello stesso punto.

Le caratteristiche proiettive delle quattro geometrie sono sintetizzate nella tabella. Essa riproduce con diversa disposizione lo schema grafico che era stato inserito in questo post, il quale tratta l'argomento in modo più rigoroso e completo nell'ambito della geometria proiettiva, mentre qui ci si limita a considerazioni intuitive.

IL CASO "A" - GEOMETRIA DELL'UGUAGLIANZA
La figura 1 è relativa al caso dell'uguaglianza (indicata nella tabella con la lettera "A", piani paralleli e centro di proiezione improprio, cioè all'infinito), nella quale vengono conservati sia le ampiezze degli angoli sia le lunghezze dei segmenti. Infatti, la figura ABCD che si trova sul piano sigma viene proiettata dal centro di proiezione improprio S∞ sul piano pigreco e si ottiene la figura A'B'C'D' che è identica in tutto alla figura iniziale, e pertanto non subisce alcuna deformazione o ingrandimento. Se potessimo spostare il piano sigma fino a farlo aderire per sovrapposizione al piano pigreco vedremmo come le due figure siano esattamente uguali e indistinguibili.

Occorre precisare che non ha alcuna importanza la direzione del centro di proiezione improprio S∞ per ottenere il risultato che le due figure risultino uguali: infatti, cambiando la direzione ma mantenendo sempre paralleli tra loro i raggi proiettanti avremo lo stesso risultato, salvo il caso che questa direzione venga presa parallelamente al piano sigma, poiché allora non avremmo alcuna proiezione sul piano pigreco o, meglio, l'avremmo lo stesso ma all'infinito e non potremmo disegnarla, ma solo indicarla con una annotazione scritta sul disegno.
Aggiungo che, cambiando la direzione di proiezione, ottengo lo stesso una figura uguale a quella di partenza ma posizionata in una porzione diversa del piano pigreco.

IL CASO "B" - GEOMETRIA DELLA SIMILITUDINE (o Geometria dell'omotetia)
Si riporta la figura 2 del caso della similitudine (indicata nella tabella con la lettera "B", piani paralleli e centro di proiezione proprio, cioè a distanza finita), nella quale si vede la figura ABCD, appartenente al piano sigma, che viene proiettata dal centro di proiezione S sul piano pigreco nella figura A'B'C'D': le due figure sono simili, cioè gli angoli non sono cambiati, ma sono cambiate solo le lunghezze dei lati e, tuttavia, il rapporto tra due lunghezze, ad esempio di due lati contigui, rimane invariato.

Infatti, se il rapporto AB/BC=1,2, ad esempio, allora il rapporto A'B'/C'D'=1,2 e ciò ci assicura che trattasi di similitudine e, analogamente, se il rapporto AB/A'B'=0,6, ad esempio, allora il rapporto BC/B'C'=0,6. Quest'ultimo rapporto viene chiamato "rapporto di ingrandimento o riduzione" tra le due figure, e viene detto anche "costante di omotetia" che vale anche SA/SA' (vedi anche il post). Tale rapporto di omotetia è un fattore di scala impiegato nella cartografia e nei disegni tecnici: quando si dice che un certo disegno è in scala, ad esempio, di 1/100 (e indicato con R. 1/100) si intende che la figura disegnata è grande "un centesimo" della figura reale (ad esempio, la piantina concreta di una casa) e, per memorizzare meglio, si dice che un metro, misurato al vero sulla casa, viene rappresentato nel disegno con un segmento lungo un centimetro (infatti, il rapporto tra le due unità di misura, metro e centimetro, è proprio 100).

IL CASO "C" - GEOMETRIA DELL'AFFINITA' (o Geometria affine)
La figura 3 illustra il caso dell'affinità (caso "C" della tabella, con piani non paralleli tra loro e centro di proiezione improprio, ovvero all'infinito): si vede la figura ABCD sul piano sigma che viene trasformata nella figura A'B'C'B' sul piano pigreco.

Le due figure sono affini, ovvero le ampiezze degli angoli vengono cambiate e così anche le lunghezze dei lati, così come viene cambiato il rapporto tra le lunghezze di lati contigui, mentre viene conservato il rapporto tra lati paralleli, che è l'unica caratteristica che rimane invariata.

Infatti, se il rapporto AD/BC=1, ad esempio, allora anche il rapporto A'D'/B'C'=1 e altrettanto vale per l'altra coppia di lati paralleli: se AB/CD=1, allora A'B'/C'D'=1.
Possiamo osservare, inoltre, che rette parallele alla retta di incontro dei due piani sigma e pigreco, come ad esempio le rette AD e BC del piano sigma, si conservano parallele a tale retta anche dopo la proiezione sul piano pigreco (tale circostanza si verifica anche per il caso "C", che verrà esposto qui sotto). Avendo introdotto il concetto di punto improprio o punto all'infinito possiamo sinteticamente dire che le rette AD, BC, A'D', B'C' si incontrano all'infinito sulla retta comune ai piani sigma e pigreco.

IL CASO "D" - GEOMETRIA DELLA PROIETTIVITA' (o Geometria proiettiva)
Nella figura 4 è illustrato il caso della proiettività (caso "D" della tabella, con piani non paralleli tra loro e centro di proiezione proprio, cioè al finito): la figura ABCD che si trova sul piano sigma viene proiettata dal centro di proiezione S nella figura A'B'C'D' sul piano pigreco.
Le due figure sono prospettive tra loro se vengono guardate dal punto di vista S che, essendo proprio, produce una deformazione rilevante della figura iniziale, tanto che non si conserva nemmeno il parallelismo e nemmeno il rapporto tra lati.

E, tuttavia, c'è ancora qualcosa che si conserva tra le due figure, e questo invariante è il birapporto, sia quello di quattro punti su una medesima retta, sia quello di quattro rette convergenti in un punto (per ora non approfondiremo la nozione di birapporto, essendo l'invariante caratteristico della geometria della proiettività e verrà trattato nell'ambito della geometria proiettiva).
Qui, occorre ricordare che nell'ambito della geometria proiettiva la nozione di parallelismo (due rette non si incontrano) viene trasformata nel senso che due rette si incontrano sempre, o in un punto proprio o in un punto improprio. Per il punto, infatti, non si fa più alcuna differenza se è proprio o all'infinito, e ciò rende questa geometria più elastica delle altre (leggi: meno paletti, ovvero meno invarianti) nell'affrontare i problemi geometrici, anche se è più complessa.

Preleva la figura stampabile delle quattro geometrie.

LA GENERAZIONE DELLE GEOMETRIE IN UN ESEMPIO CONCRETO OSSERVABILE NEI LUOGHI CHE FREQUENTIAMO
Vedi il post che illustra (con 9 figure munite di didascalie che devono essere lette) esempi relativi alla generazione di geometrie prendendo spunto dalle situazioni che si generano in una stanza con finestra per effetto della diversa sorgente luminosa esterna:
1) di notte si ha l'effetto ombra sul pavimento, o sulla parete di fronte alla finestra, o sul soffitto a causa di un faretto o lampione esterni alla stanza - centro di proiezione proprio, cioè posto ad una distanza finita - che da luogo alla geometria della proiettività o alla geometria della similitudine;
2) di giorno si ha l'effetto ombra a causa del sole - centro di proiezione improprio, cioè posto all'infinito - che genera la geometria dell'affinità o la geometria dell'uguaglianza.

FELIX KLEIN e le sue CONSIDERAZIONI COMPARATIVE SULLE RECENTI RICERCHE GEOMETRICHE, o PROGRAMMA DI ERLANGEN
Si è cercato di illustrare con questo post l'unificazione delle geometrie operata da Felix Klein (1849-1925) nel meglio conosciuto Programma di Erlangen (ottobre 1872) [(traduzione dal tedesco all'italiano di Antonello Sciacchitano), (su Wikipedia in francese)], il quale va ben oltre la geometria proiettiva (alla quale qui ci fermiamo) ed estende le sue considerazioni alle nuove geometrie nel frattempo apparse nel panorama della matematica, come le geometrie non euclidee.
Klein mostra come le geometrie riguardino le trasformazioni geometriche, le quali possono essere considerate dei gruppi sottoposti a invarianti: ogni volta che si rimuove un invariante caratteristico di quella geometria si entra nella geometria successiva la quale, ovviamente, contiene anche quella precedente.
Così, la geometria elementare (uguaglianza e similitudine, meglio nota come geometria euclidea) ha come invariante la conservazione dell'ampiezza degli angoli tra due rette di una figura; rimuovendo tale invariante si entra nella geometria dell'affinità (vedi anche) che ha come invariante la conservazione del rapporto tra la distanza di due punti; rimuovendo tale invariante si entra nella geometria della proiettività che ha come invariante il birapporto.

La questione viene meglio inquadrata nella Teoria degli insiemi (vedi questo sito e anche questo), come fa la figura accanto, tratta da questa pagina del sito web relativo al Liceo Vittorio Veneto di Milano.

Approfondimenti analitici nel campo dei numeri complessi sono illustrati in questa pagina Wikipedia, suggeritami da Piergiorgio Odifreddi il 16-06-2012.
Altri scritti sull'argomento: (1), (2), (3), (4), (5).
Per andare ancora oltre è interessante la lettura di: Gino Fano, Geometria non euclidea, Introduzione geometrica alla teoria della relatività, Zanichelli, 1935, dal contenuto matematico di livello universitario.
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(*) La geometria dell'uguaglianza e quella della similitudine vengono anche chiamate congiuntamente geometria elementare, in quanto sono state studiate da Euclide nel IV-III Sec. a.C. e illustrate nel suo libro Elementi di geometria, e formano oggetto di studio dei primi anni delle scuole (download degli Elementi di geometria, in versione italiana tradotta dal latino da Niccolò Fontana detto Tartaglia e pubblicata a stampa nel 1543 a Venezia).

Il birapporto

Con questo argomento entriamo in punta di piedi, ma nel vivo, della geometria proiettiva, in quanto il birapporto ne è l'elemento caratterizzante.

Rapporto semplice di tre punti (tre elementi della prima specie)
Il rapporto semplice di tre punti A, B e C di una retta orientata è definito come il rapporto delle misure dei due segmenti AC e BC e si indica (ABC)=AC/BC.
Il verso che va da A a C e quello che va da B a C determinano il segno della misura dei due segmenti coerentemente con l'orientamento della retta e, pertanto, il rapporto è un numero dotato di segno e può essere positivo o negativo a seconda dei segni del numeratore e del denominatore della frazione.
Se il punto C si trova internamente al segmento AB, allora il rapporto risulta negativo in quanto il segmento BC è negativo, cioè va in senso contrario al verso della retta, mentre se i tre punti sono in successione il rapporto è positivo.
Se A è il punto improprio della retta si ha: (ABC) = ± 
Se B è il punto improprio della retta si ha: (ABC) = 0.
Se C è il punto improprio della retta si ha: (ABC) = + 1.
Se C è il punto medio di AB si ha: (ABC) = - 1.
Se C  A si ha: (ABA) = 0.
Se B  C si ha : (ABB) = ± .
Due punti A e B dividono la retta AB in due segmenti: uno finito (AB) e l'altro infinito (BA).
In generale (ABC) > 0 se C appartiene al segmento infinito e (ABC) < 0 se C appartiene al segmento finito.

Rapporto semplice di tre rette (tre elementi della prima specie)
Il rapporto semplice di tre rette a, b e c di un fascio orientato è definito come il rapporto dell'ampiezza degli angoli ac e ab e si indica (abc) = ac/ab, oppure (abc) = sen ac / sen bc.
Per il verso dell'orientamento del fascio valgono le stesse considerazioni fatte per il rapporto di tre punti.

Rapporto semplice di tre piani (tre elementi della prima specie)
Il rapporto semplice di tre piani a, b e g , appartenenti ad un fascio proprio e orientato è definito con l'espressione: (abg) = sen ag / sen bg .

Birapporto di quattro punti
Consideriamo quattro punti A, B, C e D su una retta orientata. Il birapporto di essi è definito come il rapporto dei due rapporti semplici (ABC) e (ABD) e si indica (ABCD)=(ABC)/(ABD).
Il birapporto è un numero positivo o negativo, e il suo segno è conseguenza dei segni dei due rapporti semplici che lo costituiscono.

Birapporto di quattro rette
Anche in questo caso valgono le considerazioni di cui sopra.

Carattere proiettivo del birapporto
Il birapporto gode della seguente proprietà fondamentale per la geometria proiettiva:
Il birapporto di quattro rette a, b, c e d di un fascio orientato è uguale al birapporto dei quattro punti A, B, C e D in cui le quattro rette suddette incontrano una retta trasversale r non passante per il centro del fascio.
Inoltre, se costruisco un altro fascio, le quattro rette che passano per i quattro punti A, B, C e D della retta r hanno il medesimo birapporto.

Gruppi armonici
Quattro punti di una retta, o quattro rette di un fascio formano un gruppo (quaterna) detto armonico quando il loro birapporto è uguale a -1.

Proprietà proiettive delle figure
La geometria proiettiva studia le proprietà proiettive delle figure (sia nel piano che nello spazio), cioè quelle proprietà delle figure che si conservano quando la figura stessa viene proiettata e poi il fascio di rette viene sezionato da una retta se ci troviamo nel piano, oppure se ci troviamo nello spazio la stella di rette viene sezionata con un piano.
La geometria proiettiva non prende in considerazione le proprietà grafiche delle figure che sono quelle che dipendono dalla misura o dal parallelismo, come la lunghezza di segmenti (segmenti uguali, oppure segmenti proporzionali tra loro) o l'ampiezza di angoli.
La condizione che 3 punti siano allineati, oppure che 3 rette passino per un medesimo punto, ad esempio, sono proprietà proiettive (che si conservano per proiezione e sezione).
Anche il birapporto, come detto sopra, è una proprietà proiettiva. Vedremo nel post dell'omologia che, ad esempio, il birapporto dei quattro punti seguenti non cambia: i due punti omologhi, il centro di omologia e il punto di intersezione della retta che li contiene con l'asse di omologia.
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Maggiori approfondimenti sul birapporto: Nazario Magnarelli, Sulle proposizioni 138 e 139 del libro VII della "Collezione Matematica" di Pappo, in matematicamente.it.

Postulati della geometria proiettiva



Per postulato, o assioma, si deve intendere un enunciato riguardante i rapporti più elementari tra i concetti primitivi che rappresentano enti o operazioni non definiti perchè spiegabili con la sola evidenza dell'esperienza.

I postulati della geometria sono stati suddivisi in cinque gruppi ad opera del matematico tedesco David Hilbert (1862-1943), ed esposti nel 1899 nel libro Grundlagen der Geometrie (vedi la traduzione inglese The Foundations of Geometry, a pp. 2-16):
A - Postulati di appartenenza (o di associazione, o di incidenza).
B - Postulati di ordinamento (o di ordine, o di distribuzione); riguardono l'ordine reciproco di punti e rette e permettono in particolare di definire i "segmenti" una volta assegnati gli estremi.
C - Postulati di congruenza: regolano la possibilità di sovrapporre sia i segmenti sia gli angoli e fissano la proprietà transitiva di congruenza. (Facendo parte del programma di studio di altra disciplina se ne omette l'esposizione)
D - Postulati di parallelismo; è equivalente al V postulato di Euclide al quale si rimanda. La geometria proiettiva è del tutto indipendente dal V postulato sulle parallele.
E - Postulati di continuità: regolano la presenza di punti su un segmento in modo da non aversi interruzione.

Postulati di appartenenza
Con l'espressione appartenenza di due enti geometrici fondamentali di nome diverso si intende che i due occupano una medesima regione dello spazio: ad esempio un punto e una retta occupano la medesima posizione relativamente al punto ma, naturalmente, tutti gli altri punti della retta ne occupano una diversa.

Osservazione - L'appartenenza di un ente a dimensione minore dell'alto si esprime anche dicendo "sta su", ad esempio: un punto "sta su" una retta; un punto "sta su" un piano; una retta "sta su" un piano.
Se, invece, si parla dell'appartenenza di un ente a dimensione maggiore di un altro, allora si usa l'espressione "passa per", ad esempio: una retta "passa per" un punto, ecc.
Ma è evidente che si tratta dello stesso concetto geometrico.

Il principio di dualità viene espresso più efficacemente enunciando i postulati dell'appartenenza. Elencheremo, pertanto, le coppie di postulati di appartenenza dove, coppia per coppia, si trova espresso il principio di dualità, evidenziando in grassetto nero gli enti che nell'altro enunciato hanno il duale, e in grassetto blu gli enti che non cambiano.
1
Due punti distinti individuano una retta.
Due piani distinti individuano una retta.
2
Tre punti non giacenti su una stessa retta individuano un piano.
Tre piani non passanti per una stessa retta individuano un punto.
3
Un punto e una retta, che non si appartengono, individuano un piano.
Un piano e una retta, che non si appartengono, individuano un punto.
4
Se due punti stanno su un piano, essi individuano una retta che appartiene al piano.
Se due piani passano per un punto, essi individuano una retta che passa per il punto.
5
Due rette passanti per uno stesso punto individuano il piano che le contiene.
Due rette appartenenti a uno stesso piano individuano il punto per il quale passano.

Nomenclatura
Due rette incidenti si dicono anche complanari.
Due rette non incidenti e non complanari si dicono sghembe.
Ricordiamo che due rette parallele sono complanari e, per il principio di dualità, sono incidenti all'infinito.

Postulati di ordinamento
Gli elementi di una forma fondamentale di prima specie sono disposti secondo due sensi di percorrenza tra loro inversi in modo che:
1) fissati un elemento qualunque X della forma ed uno dei due sensi, esiste un ordine naturale per cui si può dire di due altri elementi qualsiasi quale viene prima e quale dopo, intendendo che tra quei due elementi ve ne sono infiniti altri e che non esiste un ultimo elemento;
2) i due ordini naturali di sensi opposti, aventi X come primo elemento, consentono di dire che se in uno dei sensi l'elemento A precede l'elemento B, allora nel senso opposto A segue B;
3) se su una forma vi sono due ordini naturali con lo stesso senso, pur potendo avere i due primi elementi distinti, ad esempio X ed Y, allora gli elementi dei due ordini si succederanno con lo stesso verso (ad esempio, i numeri naturali, 1, 2, 3, ecc., e i numeri pari, 2, 4, 6, ecc.).

Postulati di continuità
1) Archimede (287-212 a.C.) - Dati due segmenti, ripetendo un numero sufficiente di volte il più piccolo si ottiene un segmento maggiore di quello più grande. Tale postulato risale probabilmente ad Eudosso di Cnido (408 a.C.-355 a.C.) e al suo metodo poi chiamato metodo di esaustione.
2) Cantor (1829-1920) - Su ogni retta si trovano abbastanza punti, in modo che i punti della retta si possono mettere in corrispondenza biunivoca con i numeri reali. E' detto anche postulato di completezza lineare.
3) Dedekind (1831-1916) - La retta è continua, cioè "non ha buchi": fissata una qualunque partizione della retta in due insiemi A e B tale che ogni elemento di A è minore di ogni elemento di B, esiste sempre un punto X, detto elemento separatore, che "sta tra A e B", cioè è maggiore o uguale a ogni elemento di A e minore o uguale ad ogni elemento di B (formulato nel 1872).L'elemento separatore X può appartenere alternativamente o ad un insieme o all'altro.

Pur essendo l'enunciato di Dedekind il più sostanzialmente condiviso, vi sono anche altri enunciati sulla continuità (Hilbert, Peano, ecc.) ma, nel complesso, si rimarca come la retta, il fascio di rette e il fascio di piani, cioè le forme geometriche fondamentali di prima specie, si debbano considerate, per l'appunto, come forme "continue", cioè senza interruzioni, al pari del campo dei numeri reali R.
E' in questa accezione che la retta, comprendente anche il suo punto improprio (che è la caratterizzazione più pregnante della geometria proiettiva), assume la forma di una circonferenza di raggio infinito e, dunque, è una forma dotata di continuità nel senso che, iniziando da un suo punto qualsiasi, si può percorrerla in un verso con continuità per ritrovarsi, dopo aver oltrepassato il punto improprio e proseguendo, nella stessa posizione da cui si era partiti.
Per tagliare una retta proiettiva in due parti, infatti, occorrono due tagli e non uno solo come nel caso della retta euclidea.
Inoltre, mentre nella geometria euclidea per identificare un segmento di retta occorre indicare i suoi due estremi, ad esempio AB, nella geometria proiettiva, dal momento che la retta proiettiva è una linea chiusa che contiene il punto all'infinito, occorre indicare sia i suoi due estremi che un punto intermedio ad essi, altrimenti si genera ambiguità tra la parte di lunghezza finita e l'altra che invece, contenendo il punto improprio, è quella di lunghezza infinita.
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Principio di dualità

Principio di dualità
Da un enunciato di geometria proiettiva se ne può ricavare un altro, detto duale, e l'operazione consiste nello scambiare il nome di due enti geometrici fondamentali all'interno di un enunciato, lasciando invariato il nome dell'eventuale terzo ente geometrico.

Nello spazio
Ad ogni teorema di geometria proiettiva ne è associato un altro, detto duale, il cui enunciato si ricava da quello del primo scambiando tra loro la parola punto con la parola piano, e conservando la parola retta.

Nella stella
Ad ogni teorema di geometria proiettiva ne è associato un altro, detto duale, il cui enunciato si ricava da quello del primo scambiando tra loro la parola piano con la parola retta, e conservando la parola punto.

Nel piano
Ad ogni teorema di geometria proiettiva ne è associato un altro, detto duale, il cui enunciato si ottiene da quello del primo scambiando tra loro la parola punto con la parola retta.

Osservazione
Qualora il senso linguistico dell'enunciato duale del primo fosse incomprensibile, occorre adattare le espressioni avendo riguardo principalmente all'aspetto geometrico e facendo in modo tale che la lettura risulti significante e aderente al senso geometrico.

Storia del principio di dualità
Il Principio di dualità, formulato nel 1819 dal matematico francese J.D. Gergonne (1771-1859), è il risultato di una catena di scoperte che inizia con Desargues.

1648 - G. Desargues (1591-1661) nel suo Teorema dei triangoli omologici afferma che "due triangoli in prospettiva hanno le intersezioni dei lati corrispondenti collineari" cioè, riletto con il principio di dualità, "se le coppie di vertici corrispondenti di due triangoli sono allineate con un centro (punto di vista prospettico), allora i lati corrispondenti si incontrano su una retta".
(?) - B. Pascal (1623-1662) nel suo Teorema dell'esagono inscritto ad una conica, afferma che "in un esagono inscritto in una conica, i tre punti di intersezione delle coppie di lati opposti sono allineati".
1806 - C.J. Brinchon (1786-1864) formula il Teorema dell'esagono circostritto ad una conica, affermando "in un esagono circoscritto ad una conica, le tre diagonali principali si incontrano in un punto".
(1818) - J.V. Poncelet (1788-1867) fa osservare che la relazione di dualità è insita nella relazione tra polo e polare di una conica, relazione della quale si è occupato lungamente nel suo trattato, poi pubblicato nel 1822. A proposito della dualità, Poncelet e Gergonne avranno negli anni seguenti uno strascico di polemiche e di repliche pubblicate sulle riviste scientifiche (1).

La relazione di dualità, infine, verrà svincolata dalle questioni metriche, che all'epoca ancora erano mescolate con quelle proiettive, da
K.G.C. Von Staudt (1798-1867) nel 1847, e da J. Plucker (1801-1868).

A Gergonne si deve anche l'uso della nozione di “definizione implicita”, che servirà a spiegare il tipo di definizione offerta dai sistemi di postulati. Secondo Enriques “la teoria della definizione implicita d’un sistema di concetti per mezzo di un sistema di proposizioni è divenuta essenziale per la logica contemporanea. Ma essa non avrebbe potuto apparire nella luce in cui oggi la vediamo, se non risultasse chiarita da quel principio generale di sostituibilità dei concetti, che ha il suo germe nel principio di dualità della geometria proiettiva”. Il principio di sostituibilità dei concetti rende possibili diverse interpretazioni per uno stesso sistema di assiomi (2).

Esempi
Esempio nel piano
- due punti danno luogo ad una retta
- due rette danno luogo ad un punto

Esempio nello spazio
I poliedri regolari, cioè quelli con le facce costituite da poligoni tutti uguali, sono solo 5 e vengono anche detti "solidi platonici", in onore del filosofo greco Platone (427 a.C.-347 a.C.).
Essi sono a due a due duali: il cubo è duale dell'ottaedro e il dodecaedro è duale dell'icosaedro, mentre in tetraedro è duale di se stesso.
Nella seconda figura del post sui poliedri si nota come al numero di vertici (che sono punti) di un poliedro corrisponda nel poliedro a lui duale lo stesso numero di facce (che sono piani) e viceversa, mentre gli spigoli (che sono rette) sono nella stessa quantità.
Nella terza figura del post si nota che è possibile inscrivere un poliedro dentro al suo duale, essendo sufficiente posizionare i vertici del primo al centro delle facce del secondo.

Esempio di due teoremi duali
Dalla figura si evidenzia che il Teorema di Pascal e quello di Brianchon sono duali.
Formulati come nella figura non è evidente, ma riscritti in questo modo la dualità appare chiara:
Pascal: data una conica, presi sei punti appartenenti ad essa, e disegnato l'esagono inscritto nella conica (cioè costruite le rette che li congiungono a due a due consecutivamente), i lati opposti si incontrano su una retta.
Brianchon: data una conica, prese sei rette ad essa tangenti, e disegnate le diagonali principali dell'esagono corcoscritto alla conica, esse si incontrano in un punto.
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Per approfondire (htm e Pdf)
Per alleggerire la giornata (Lolli e altri).
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Note
1 - Vedi, ad esempio, Gergonne in Annales de Mathematique, tomo 18 (1827-28) pag. 125, e Poncelet sullo stesso tomo pp. 126-142.

2 - Periodo riassunto da: Lolli Gabriele, Momenti di svolta nello sviluppo del pensiero matematico - La scoperta del metodo assiomatico: Euclide, Hilbert, Godel, Lezioni di Modena, ottobre-dicembre 2006, § 1.1.
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Gli enti geometrici fondamentali propri e impropri

Gli enti geometrici fondamentali della geometria elementare sono: il punto, la retta e il piano. Nella geometria proiettiva, invece, per ciascuno di essi esiste anche la forma impropria, detta "all'infinito". Lo spazio è considerato il contenitore degli enti geometrici, ed è esso stesso un ente geometrico fondamentale.
Quando nella geometria proiettiva si parla di punto si deve intendere, senza differenza, sia il punto proprio che quello improprio e altrettanto si deve intendere della retta e del piano.

Con l'aggiunta degli enti impropri ci si svincola dalle questioni metriche della geometria elementare, cioè dalla misura di lunghezze e di angoli, seppure esse possono venire trattate anche nella geometria proiettiva.
La geometria elementare, infatti, è in grado di affrontare tutte le questioni metriche con il confronto tra figure, o che siano uguali, cioè della stessa grandezza, o simili, cioè di grandezza diversa ma della stessa forma, ma non riesce a dare spiegazioni quando, ad esempio, gli angoli non si conservano uguali, compito riservato alla geometria affine, né quando il parallelismo non viene conservato, compito affrontato dalla geometria proiettiva.

Il punto non ha dimensione, cioè non può essere diviso in parti (la definizione è di Euclide).
Il punto improprio, detto anche all'infinito, indica la direzione della retta alla quale appartiene e anche di tutte le altre rette parallele a questa.
Per il fatto che si trova all'infinito non può essere disegnato, ma può essere solo indicato sul foglio da disegno mediante una direzione (un corto segmento con ambo gli estremi a forma di freccia).

La retta ha una sola dimensione, la lunghezza. E' costituita da infiniti punti. E' la linea più corta tra due punti. Si può immaginare come una cordicella tesa, e la si ottiene prolungando il segmento compreso tra questi due punti (confronta i postulati 1 e 2 di Euclide). Si può visualizzare una retta anche prendendo un foglio di carta e piegandolo su se stesso: l'incontro tra le due parti di piano è appunto un segmento che, se prolungato indefinitamente da ambo i lati, fornisce l'idea geometrica della retta (1).
La retta impropria. Poiché la retta è caratterizzata soprattutto dalla direzione, e poiché il punto improprio della retta è la sua direzione se ne deduce che tale punto improprio deve essere unico, sia che si percorra la retta verso destra che verso sinistra, ricongiungendosi all'infinito. In questa accezione la retta proiettiva assume la forma di una circonferenza di raggio infinito.
La retta impropria è costituita di infiniti punti impropri che indicano la direzione di tutte le rette di un piano e, pertanto, non può essere disegnata sul foglio da disegno. La retta impropria definisce la giacitura del piano al quale appartiene e di tutti i piani paralleli a questo.
Per dividere la retta proiettiva in due parti occorrono due tagli, e si avranno due segmenti, uno di lunghezza finita e l'altro di lunghezza infinita poiché contiene il punto improprio. Contrariamente, per dividere la retta euclidea in due parti è sufficiente un solo taglio, e si avranno due semirette, entrambe di lunghezza infinita.

Il piano ha due dimensioni. E' costituito da infiniti punti e da infinite rette. Si può immaginare come la superficie dell'acqua ferma in una bacinella (confronta il postulato 3 di Euclide).
Il piano improprio è costituito dalle rette improprie di tutti i piani dello spazio. In analogia con quanto detto per la retta impropria, esso può essere immaginato come la superficie di una sfera di raggio infinito e, pertanto, la sua superficie coincide con le estremità dello spazio il quale, beninteso, non ha limiti.

Lo spazio ha tre dimensioni. E' costituito da tutti i punti, le rette e i piani, sia nella forma propria che nella forma impropria.

Il punto improprio è stato introdotto da G. Desargues nel 1639, mentre la retta impropria e il piano improprio sono stati introdotti da J.V. Poncelet nel 1822 (2).

Esiste lo spazio a 4 dimensioni? Gino Loria (1862-1954) ha scritto interessanti osservazioni nel 1907.
Sulla questione dell'infinito vedi anche questo post interno a carattere logico-filosofico.

L'Infinito di Giacomo Leopardi (1798-1837) manoscritto nel 1819 formato wallpaper, recitato da Claudio Carini (clicca "Testo" in alto a sinistra per accedere al file Mp3).
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(1) L'origami, ovvero l'arte di piegare la carta, antica tecnica giapponese, ma anche cinese e araba, è basata su un sistema di assiomi, detto di Huzita-Hatori che fondamentalmente ricalca quello della geometria euclidea (per approfondimenti vedi Link 1 e Link 2, entrambi in lingua portoghese). 
(2) Cfr. Guido Castelnuovo, Lezioni di ... proiettiva, pag. 7 e anche Federigo Enriques, ... , Appendice p. 393.
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